Ospitalità, l'imprevedibilità
di Dio
Il racconto
Eccoci di nuovo qui, per la terza volta, per il terzo anno,
insieme a pellegrini ospitalieri, ad amici vecchi e nuovi.
Eccoci di nuovo qui a scommettere sull'ospitalità, sulla nostra capacità di metterci al servizio
del prossimo pellegrino, al servizio di colui che passerà, in cammino lungo la Via Francigena; in cammino
verso Roma o Santiago, o Gerusalemme; in cammino per Fede o per caso.
Eccoci di nuovo qui a scommettere che o per Fede o per caso è comunque la Provvidenza che lo fa fermare
alle porte del nostro ospitale, quel pellegrino.
Quella stessa Provvidenza che ci ha portato fino a qui, ciascuno per strade differenti, per percorsi lineari o
complessi, per vie ancora da capire.
Un episodio che mi ha fatto pensare è accaduto
sabato sera. Un pellegrino in sosta presso don Doriano, un pellegrino che stava camminando lungo la Via Francigena
mi si avvicina e comincia a brontolare sulla segnaletica, su come la via sia confusa, sulla molteplicità
delle strade. Gli dico che è vero, è un problema, bisogna stare attenti e c'è tanto da fare.
Gli dico che i volontari fanno tanto e che noi eravamo lì in questi giorni per parlare anche di questo e
comunque per dedicarci al servizio dell'accoglienza. Lui scrolla le spalle e dice che non ha avuto problemi, che
solo a Gambassi si è trovato con un bagno senza doccia e un pavimento sporco dove stendersi. In quel momento
ho capito che non sapeva cosa fosse la vera ospitalità di cui stavo parlando, anzi forse dipendeva tutto
da quello il suo lamento sulla strada. Forse non ha incontrato ospitalieri, forse stava facendo la strada da solo.
Lui e la sua strada, lui e la sua unica preoccupazione sulla qualità della strada, le sue rimostranze su
quello che andava male, il suo non raccontare ciò che di buono aveva trovato mi ha colpito.
Forse non aveva ancora trovato qualcuno che lo aiutasse a capire cosa stava facendo, qualcuno che lo accogliesse
veramente.
Com'è difficile realizzare qualcosa di buono, com'è rischioso farlo. Ci si impegna a dare e capita
di raccogliere le lamentele di chi ritiene di non aver avuto abbastanza.
Ma un ospitaliere non deve preoccuparsi di questo. Un buon ospitaliere può partire con fiducia dalla imprevedibilità
di Dio.
Ospitalità, imprevedibilità di Dio, così abbiamo titolato l'incontro di quest'anno. Il nostro
essere ospitalieri in mano a Dio, al suo farsi pellegrino e ospitaliere per dirigere il nostro cammino.
Imprevedibilità che nella nostra esperienza di pellegrino abbiamo toccato tutti con mano: questo è
ciò che viene fuori già subito, appena ci riuniamo. Venerdì sera è l'inizio dell'incontro
e il momento delle presentazioni. Ciascuno di noi si presenta, siamo più di 50, il racconto si svolge, si
condivide l'esperienza dell'essere pellegrini. Dio è stato parecchio imprevedibile con tutti noi.
E alla fine ci ha portato tutti qui per cominciare forse una nuova avventura, quella dell'ospitalità
Il Dio imprevedibile che gioca con potente amore con gli uomini
viene fuori ancora di più sabato mattina. La splendida riflessione di padre Giulio Michelini ci porta a
fianco di Tobia, in cammino insieme all'Arcangelo Raffaele. Tobia accolto dalla famiglia che gli darà la
sposa, con un percorso che lo porterà a crescere, diventare uomo, guarire il padre. Tutto grazie alla Provvidenza
di Dio e al lasciarsi guidare su questa strada.
Noi pellegrini e ospitalieri siamo invitati a un percorso simile. Pellegrini guidati, accompagnati dall'angelo
del Signore, poi ospitati, poi ritornati a casa alla fine del viaggio capaci di riprendere in mano la vita e darle
nuova speranza.
Sapremo dare nuova speranza a questa Via che ci ha fatto ritrovare? Sapremo far ritrovare chi non sa neanche di
essersi perso?
E dopo un lauto pranzo si scende
a valle, giù per il sentiero, poi su fino alle porte di Monteriggioni. Una veloce visita al borgo (peraltro
già ben conosciuto da noi pellegrini) per proseguire verso Abbadia ad Isola e il nuovo ospitale che si aprirà.
Vediamo lo stato dei lavori, pensiamo a quello che in futuro potremo fare: l'arredamento, l'organizzazione. Un
altro capitolo, un altro pezzo di strada all'orizzonte. Ospitalieri, c'è da fare!
Arriviamo alla messa vespertina a Castellina Scalo, poi l'accoglienza per la cena grazie alle signore della parrocchia,
un momento di festa con il coro venuto dal Trentino e i suoi canti di montagna e si riparte nella notte, torce
in mano, per ritornare con una piacevole ora di cammino a Rencine. Quanti usignoli abbiamo sentito cantare lungo
la strada e quante lucciole sono già in volo. Che spettacolo!
Domenica mattina c'è ancora molto lavoro. C'è da tirare le fila di questi due giorni, c'è
da fare sintesi e dare concretezza, c'è da chiarire tante cose, da comunicarsi tempi e modi per accogliere
come si deve il pellegrino.
Così ci troviamo tutti fuori sul prato, in cerchio, al tiepido sole. Cominciamo noi della confraternita
di San Jacopo a tirare il sasso nello stagno, a raccontare della nostra esperienza come ospitalieri, dei problemi
che si affrontano ogni volta: dell'importanza di accogliere con semplicità, con amore e comprensione chi
arriva, ma contemporaneamente con fraterna fermezza. Tutti sono in cammino. Per qualcuno il cammino è chiaro,
semplice, sa dove sta andando e nonostante la fatica è sereno. Tanti altri non sanno neanche perché
sono sulla Via. Sono partiti per fare una passeggiata un po' più lunga. Non hanno la credenziale, non conoscono
la strada, non ne conoscono la storia e i problemi, l'organizzazione, il senso. Alcuni cominciano a farsi condurre
da furbi tour operator che gli propongono la strada come fosse un banale trekking, un cammino similare ad altri,
dove potranno essere accolti negli ospitali dei pellegrini, accolti dagli ospitalieri, quasi fosse un momento folcloristico
similare a uno spettacolo di sbandieratori o figuranti.
Come accogliere questa
moltitudine così differenziata, quale risposta di ospitalità è giusta caso per caso? Il confronto
è lungo. Non c'è una regola da seguire, questo è ovvio, o meglio ci arriviamo ragionando insieme.
Però non c'è un'accoglienza automatica, comunque dovuta a tutti. Anche su questo siamo arrivati ragionando
insieme. Non sarà la credenziale a dare diritto ad essere ospitati, non sarà il fatto di avere uno
zaino sulle spalle, non sarà la prenotazione telefonica. Sarà l'essere veramente pellegrino, l'essere
in cammino con il proprio cuore e la propria anima in mano che aprirà le porte. E il buon ospitaliere dovrà
imparare a cogliere e distinguere tutto questo con il proprio cuore e la sua testa. È difficile fare l'ospitaliere,
difficile su questa via, ma affascinante perché l'obbligherà a cercare nel profondo di colui che
gli si presenterà di fronte.
E dovrà aiutare il pellegrino a trovare la via. La via spirituale e la via fisica, quella via che la babele
dei segni e delle iniziative private e pubbliche sta confondendo, sta allontanando dall'unità, con la nascita
di mille e mille nuove iniziative che si discostano ogni giorno dalla Via dei pellegrini che da anni esiste.
Il nostro augurio, la nostra speranza è che alla fine tutti, pellegrino e ospitaliere, si ritrovino davanti
a quel pane spezzato che il Pellegrino ospitato ad Emmaus lascia come segno di ospitalità a coloro che lo
avevano accolto. E ancora di più: che la gioia, la potente felicità della Mattina di Pasqua ritorni
ogni mattina alla partenza del pellegrino per un nuovo giorno di cammino.
Per far riposare i suoi piedi appesantiti dalla sabbia è
giunto alla mia porta,
si è seduto alla mia tavola, e io l'ho riconosciuto quando ha spezzato il pane.
E vidi nella sera un arcangelo pasquale porre un segno di vita sul bordo spalancato delle tombe.
Madeleine Delbrel
La Route
Monica D'Atti
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