Il Santo Viaggio
Passi nella polvere, impronte di un cammino, traccia di un pensiero,
di un sogno, di una meta da raggiungere.
La nostra vita, il nostro pellegrinaggio su questa terra, lo splendido gioco del cercare l'orizzonte lontano che
nasconde la luce dell'alba e del tramonto, del Dio che è venuto e che verrà.
Cosa cerchiamo al momento della nostra partenza, quale forza muove i nostri passi, quali spalle sostengono il nostro
zaino?
Infinite strade ci portano sulla strada, infinite immagini e il desiderio di trovare, finalmente.
Il desiderio di trovare, la curiosità della strada, la tensione verso qualcosa che si può trovare
lungo il cammino è insita in ogni viaggio. L'irrequietezza dell'uomo ce la racconta il sogno di Alessandro
Magno nella sua angoscia e ansia di voler vedere, di voler arrivare sempre più in là, insieme al
desiderio di conquistare lo spazio. La ritroviamo in Ulisse che dopo aver ritrovato la casa, meta del suo viaggio
maledetto dagli dei, riparte per un altro viaggio per vedere, per conoscere altro, tutto, perché ora la
meta non ha più senso.
Ma tutto questo non è pellegrinaggio. Pellegrinaggio non è la ricerca spasmodica di tutto ciò
che è fuori di te perché miracolosamente ti dia pace nel suo possesso, nella conquista.
|
Il pellegrinaggio al contrario è partire da sé, dalla nostalgia che sentiamo
nel profondo del nostro cuore. Il pellegrino è colui nel quale la nostalgia del Paradiso prende coscienza
di se', dentro il suo cuore, e lo indirizza alla ricerca dei luoghi e dei momenti in cui Dio si e' fatto piu' vicino
agli uomini, si e' manifestato.
Il pellegrino è consapevole che non tutto serve per trovare, che non tutto ha senso che sia cercato, che
il proprio andare ha una direzione perché è una sola la cosa che cerca: il cuore del suo Creatore.
L'iniziativa germoglia nel cuore umano perché un Altro
ha messo un seme. Tutto nasce da una risposta custodita nel profondo, che attende di essere ascoltata.
Il pellegrino sa dove andare. Non sa cosa troverà lungo la strada, non può saperne i tempi e gli
imprevisti. Immagina la fatica, ma sa di percorrere vie già percorse da altri che lo hanno preceduto e soprattutto
di essere chiamato a un'esperienza da Qualcuno che lo ama. Il filo disteso della Provvidenza a volte è invisibile,
ma non si rompe. Questa trama sottile sostiene il viandante permettendogli di fare esperienza del sacro. Così
il tempo del viaggio e i suoi luoghi, l'itinerario, sono già dentro questa dimensione che è il pellegrinaggio
e l'andare pellegrino.
Come nell'esperienza del labirinto, che nella simbologia cristiana rappresenta l'iter sacro,
il pellegrino si trova in una dimensione difficile, faticosa, pericolosa ma circoscritta e con un centro a quale
tendere. Il suo andare, comunque costellato di errori e passi falsi, lo porta a cercare e conquistare quel centro
che lui sa esistere; quello stesso centro che nelle spire del labirinto sembra a volte essere vicino e prossimo
al raggiungimento e poi scompare dietro un'altra piega. Ma il pellegrino sa che alla fine arriverà.
Il pellegrinaggio è una visione del mondo, è una dimensione di vita che ha attraversato le generazioni.
È connaturato all'uomo. Fa parte dell'essere uomo mettersi in cammino per trovare, verificare, toccare l'Infinito,
ascoltarne la chiamata e partecipare così, alla fine, ad una realtà più vera di quella materiale.
Quella realtà che parla dell'uomo come figlio di Dio, con una casa e un Padre al quale tornare. Quella realtà
di una vita che è uno splendido viaggio di ritorno, con tappe e soste, momenti di felicità e di visioni
dell'orizzonte verso cui si è destinati.
Quella realtà che chiede di essere toccata da ciascuno di noi e proprio perché è reale non
può essere raccontata ma solo vissuta nel corpo e nello spirito da ciascuno di noi. Realmente Dio chiama
ogni singola persona sulla sua strada.
Racconta la vita di S.Brendano come egli, dopo 7 anni di pellegrinaggio, rischi e fatiche terribili in mezzo all'oceano,
tornò sano e salvo nella sua Irlanda. Ma non tanto per raccontare ciò che è indicibile, quanto
per testimoniare con la sua stessa persona, con i segni rimasti sul suo corpo e sulla sua anima il viaggio di uno
spirito, il viaggio della sua anima agli estremi confini del mondo e ritorno. E per chi, come il discepolo che
lo interroga ansioso, vuol saperne di più, non c'è che l'intraprendere egli stesso il viaggio. Perché
la testimonianza è che il viaggio si può fare e che esiste una realtà che ciascuno di noi
può toccare mettendosi in cammino; perché non tutto si può raccontare. Non si racconta con
un documentario l'intimo viaggio di un cuore alle porte della casa del Padre. Non è la sequenza virtuale
di immagini e parole che può portare altri a vivere la stessa esperienza. La strada è il luogo più
reale che esista, mettersi in viaggio come pellegrino è il modo più reale che esista per affrontare
il nostro cammino più importante, la nostra vita.
C'è una frase che molto tempo fa incontrai leggendo un vecchio libro francese. Il titolo del libro era "I
Pellegrinaggi" e l'autore un francese, Henri Engelmann:
"Il pellegrinaggio è una forma eminente di preghiera e vale a colui che lo compie grazie eccezionali:
nel Giudizio Universale di Autun, i morti escono nudi dalla tomba ad eccezione di due pellegrini il cui tascapane
è contrassegnato sia dalla Croce di Terra Santa che dalla conchiglia di San Giacomo. L'idea evidente dello
scultore è che sotto la protezione di simili emblemi si può tranquillamente affrontare il giudizio
di Dio".
Secondo questa rappresentazione medioevale, tra tutti gli uomini che escono dalle tombe per
presentarsi al Giudizio Divino, il giorno in cui nella valle di Josafat risuoneranno le trombe, quelli che hanno
qualche speranza in più sono appunto i pellegrini. Pellegrini riconoscibili dalla conchiglia, simbolo del
pellegrinaggio compiuto a Santiago di Compostela e dalla croce gerosolimitana segno del pellegrinaggio compiuto
a Gerusalemme, la Città Santa. Questi sono i due luoghi che nell'immaginario medioevale, ma anche contemporaneo,
inglobano e rappresentano tutto il mondo del pellegrinaggio, ovvero i confini, le mete più importanti e
ambite per un pellegrino.
Tra questi due simboli che i pellegrini
custodiscono gelosamente, non solo attaccati al loro zaino ma principalmente custoditi dentro il loro cuore, e
tra questi due luoghi, c'è un mondo intero di strade percorse e da percorrere, c'è una vita intera
da passare in pellegrinaggio e come pellegrino. Perché pellegrino è per sempre.
È una cosa particolare ma reale, non un sogno o un'allucinazione. Chi ha fatto un cammino di pellegrinaggio
ed è diventato pellegrino lo rimane poi per sempre. Forse non tornerà a calcare nuove strade e ad
andare a piedi verso altri santuari per motivi di tempo o altro, ma resterà per sempre pellegrino, con una
percezione della vita in itinere. Si sentirà sempre in viaggio sapendo che un giorno o l'altro il suo cammino
sarà compiuto alle porte della Santa Gerusalemme del cielo.
Possiamo restare indifferenti a questa chiamata del cammino, come restiamo indifferenti alle altre mille chiamate
che il Signore ci rivolge per salvarci. La possiamo sopprimere, la possiamo sentire di meno soffocati da mille
altre cose, influenzati da mille luci e colori che ci trascinano nella loro danza macabra (anche questa è
una chiara immagine medioevale ma molto attuale) ma lei resterà sempre.
Ciascuno di noi nella sua vita ha provato almeno una volta il
desiderio di andare verso qualcosa che gli era caro. Un luogo dove c'era qualcuno di importante, dove era successo
qualcosa di bello per la propria vita. Muoversi verso un luogo dove si è lasciato o verso il quale si è
gettato il cuore. Questo credo sia successo a tutti e questo è la radice del pellegrinaggio.
Un pellegrino si muove verso un luogo che considera caro e sacro e verso il quale ha già
gettato il cuore. Un pellegrino quando parte è già arrivato con la mente e con il cuore al Santuario.
Ma è proprio il cammino che farà tra casa e arrivo che sarà fondamentale per dare alla meta
quel valore e quello spessore che renderà la meta luogo di gioia. Valore e spessore che sarà tanto
più grande quanto più profondo sarà stato il cammino per arrivare.
Del resto conosciamo bene la storia, per esperienza personale: solo le cose conquistate con fatica valgono di più
e rimangono capisaldi della nostra vita.
Il pellegrino in più mette in questo suo cammino molto umano una dimensione spirituale con una prospettiva
eterna. Si va verso un luogo sacro dal punto di vista religioso. Si cerca di raggiungere un luogo dove il divino
ha lasciato un segno, dove Dio, o la Madonna o un santo si è manifestato e ha reso sacro, più sacro
di altri, un pezzo di terra. Un luogo dove si è fermato un pezzo di cielo.
E il pellegrino va, va a piedi per tutta Europa. In un certo senso il pellegrino è
un privilegiato. E' un uomo di speranza, che segue un sogno e che cammina verso luoghi santi. Fa fatica, a volte
anche molta, ma niente lo può fermare, tranne la morte.
Ma intanto parte per Santiago o per Roma, e va a Gerusalemme e
poi lungo il "fendente micaelico", alla tomba della Maddalena a Vezelay o a venerare le reliquie dei
Magi a Colonia o il volto di Dio impresso in un lenzuolo.
C'è allora chi racconterà di essere stato in un santuario in mezzo al mare costruito dove l'Arcangelo
Michele aveva ordinato. Un luogo che a volte è un'isola e a volte è terraferma.
C'è chi dirà di aver visto una chiesa costruita sopra un nero pinnacolo. C'è chi racconterà
di essere stato salvato, mentre a sera si era perduto in mezzo a delle paludi, dal richiamo di una campana e di
essere stato accolto come un re. C'è chi racconterà di portali mirabilmente scolpiti e di chiese
con guglie che arrivano fino al cielo.
C'è chi racconterà di un crocifisso che ti guarda con occhi aperti che non ti lasciano mai, ovunque
tu ti giri. C'è chi racconterà di aver visto dove sono stati sepolti tutti i guerrieri di Carlo Magno
e chi di aver visto dove è morto il paladino Orlando.
C'è chi racconterà di luoghi dove è pericoloso passare perché i briganti assalgono
e gli osti rapinano e chi ha incontrato santi uomini.
Parole, impressioni, luoghi che passano di bocca in bocca e di cuore in cuore. E chi non è partito partirà.
Farà testamento, saluterà la sua famiglia e partirà per una di queste strade.
E per raggiungere tutti questi luoghi, passano ovunque.
Racconti che si collegano, tradizioni che uniscono i territori e uniscono, in un'unica grande storia, tutti noi.
Roma, Santiago e Gerusalemme sono sempre lì. Le Vie del cielo sono sempre lì. Su queste strade gli
eredi dei primi pellegrini camminano ancora.
Noi camminiamo ancora.
Ultreya.
Monica D'Atti
|