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Un grande amico dei pellegrini ci
ha lasciato. Don Francesco Ottavis, parroco di Lamporo: un vero ospitaliere, un'ospite benevolo e attento, un amico
di Cristo sempre pronto ad accogliere il viandante che si fermava davanti alla sua porta. Sono stati anni di grazia
per i pellegrini, anni di testimonianza evangelica. I pellegrini che si sono fermati a Lamporo raccontano di essere
stati trattati come principi. Un diamante sulla Via; una stella ora in cielo a illuminare il cammino di noi che
restiamo qui.
Ultreya, Don Francesco, Ultreya semper!
Pubblichiamo qui il bellissimo testo preparato da Federica Pegorin di Lamporo, a memoria e saluto.
Anche due pellegrini fra i tanti, Clara e Massimo di Ferrara, hanno voluto invire un ricordo fotografico dell'affetto
che scaturisce dalla carità di un semplice gesto di accoglienza.
“Non mi meraviglia la morte. L’aspetto come conclusione di un mortale.
In fondo siamo nati per morire.
Spero di essere preparato quel giorno, quando il Signore mi prenderà”.
Don Francesco Ottavis
Da un’intervista mia del 2002
Don Francesco Ottavis si è spento venerdì 16 luglio, nel giorno della ricorrenza della Madonna del
Carmelo, alla quale era devotissimo; il campanile posto accanto alla sua abitazione, nella quale si trovava, spossato
dalla lunghissima agonia rintoccava le sette del mattino.
Il santo rosario sarà celebrato questa sera, alle ore 20.30, nella Parrocchia di San Bernardo di Mentone,
a Lamporo.
I funerali saranno celebrati domani, sabato 17, alle ore 15.30, sempre in parrocchia; mentre il corpo sarà
tumulato nella tomba di famiglia del cimitero di Trino accanto ai famigliari, come desiderato da don Francesco.
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Ogni santa messa celebrata riporta indietro nel tempo, a quella prima messa celebrata da don Francesco il 15 giugno
1942, alle cinque del mattino, vicino al Sant’Andrea, nella Cappella del Vecchio Ospedale di Vercelli. Don Francesco
ci spiega come prepararci all’incontro con Gesù:
“Bisogna concentrarsi, per sentire, perché quella “Sacra Cena” che sto celebrando entri in ognuno di noi.
Pensate ai discepoli di Emmaus, al momento in cui i loro occhi si sono aperti e, nel viandante, hanno riconosciuto
Gesù. Durante la celebrazione cercherò di non lasciarmi distrarre. Preferisco rimanere per mio conto,
direttamente con Gesù, e possibilmente distribuire a tutti questo raccoglimento. Questa è la consacrazione:
qualche volta mi immedesimo anch’io un po’ nel Cenacolo. Anche se alcuni miei compagni sono andati proprio là
a celebrare, io sento di attuarlo anche qui, nella mia piccola parrocchia. Ho celebrato così tante messe!”
Il passo biblico che più amava era quello delle Beatitudini Evangeliche:
“Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame
e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno,
vi perseguiteranno
e, mentendo, diranno ogni sorta di male
contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate,
perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.” (Matteo 5, 3-12)
Perché, come mi disse un giorno: “La felicità maggiore è quando Gesù ci assicura di
questo. Diventa beatitudine quando noi accettiamo le prove e il Signore diventa, a sua volta, obbligato a farci
“beati”. “Beati” perché saremo felici nel Regno dei Cieli”.
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