Ospitalità come crocevia di cammini:
l'esperienza di una Confraternita nei pellegrinaggi e nell'accoglienza.
Montorso-Loreto - Sabato 3 febbraio 2007 - Centro Giovanni
Paolo II
Incontro con le 32 diocesi che ospitano i gemellaggi
È giunto un pellegrino alla mia porta,
ho preparato la mensa col pane e col vino
e l'angolo nascosto per ascoltare la musica.
Egli mi ha benedetto nel nome della Trinità
con la casa, l'ovile e i miei cari.
L'allodola ripete nel suo canto:
sovente, sovente passa Cristo
in veste di pellegrino.
(V secolo d.C. - Irlanda)
In queste poche righe di questa ballata irlandese è raccontata la
dolcezza e il mistero dell'ospitalità. Il pellegrino e l'ospitaliere. Colui che arriva e colui che ospita.
Un pellegrino alla mia porta, un pellegrino, un viandante del sacro, una persona in cammino e in ricerca. Una persona
in tutta la sua debolezza e fragilità di straniero, di persona che viene da lontano, stanco per il viaggio.
Un portatore di speranza, perché è uno che viaggia verso un luogo con la certezza di trovarvi Dio.
Una persona con gli occhi pieni di sole e di vento che lungo la strada ha raccolto tante cose e si è liberato
di tante altre.
Un ospitaliere: colui che attende; che sa che prima o poi passerà qualcuno. Non sa quando, non sa il giorno
e neanche l'ora. Può essere al culmine del giorno o alla sera, ormai a notte. Sa che passerà qualcuno
perché lui si è messo sulla strada, come il pellegrino. A differenza del pellegrino che si sposta,
l'ospitaliere si è messo in un punto ben preciso dove sa che il suo stare sarà necessario, sarà
utile, sarà servizio. Sono entrambi, pellegrino e ospitaliere, sulla stessa strada, ugualmente in cammino.
E qui che ha luogo questo crocevia di cammini. Il cammino del pellegrino incrocia quello dell'ospitaliere. È
un incontro che non potrebbe avvenire se non ci fosse il pellegrino che percorre la Via e l'ospitaliere che si
mette al servizio.
Ma il "gioco" non è fine a se stesso. In questo profondo mistero che è la nostra vita,
in questo disegno che ha la Provvidenza per il nostro percorso vitale, l'incontro tra due persone entrambe in cammino
non sono solo un caso o una necessità.
Sovente passa Cristo in veste di pellegrino. La cosa si fa più seria … non ci siamo solo noi attori di questo
gioco: un giorno passo io e faccio il pellegrino e tu mi ospiti, un altro giorno passi tu e io ti ospito. Già
una attenzione alla reciprocità così fatta sarebbe un gran segno di civiltà e di rispetto
per il prossimo.
Ma ripeto, il gioco è un po' più importante.
Sovente passa Cristo. Cristo per noi cristiani passa sempre. Passa come pellegrino ma passa anche attraverso i
nostri gesti, i nostri pensieri. Cristo c'è sempre. Cristo è nel pellegrino e nell'ospitaliere.
Cristo è colui che ospitiamo anche se a volte sembra proprio non somigliarci. Del resto tante volte nella
Bibbia anche gli angeli e i profeti, ospitati da ignari uomini di Dio o da vedove, non sembravano tali salvo poi
rivelarsi dopo, nel momento del commiato e del ringraziamento.
Cristo può essere anche l'ospitaliere al cui esempio chi ospita deve conformarsi. Conformarsi nel servizio
di amore ai fratelli.
Quindi ospitare ed essere ospitati non è solo una soluzione a un problema contingente di sosta, riposo e
pernottamento lungo un cammino. Ospitare ed essere ospitati è un incontro di cammini, è un incontro
di persone, è un incontro con Cristo. È un crocevia dal quale si può ripartire anche cambiati,
entrambi, pellegrino ed ospitaliere.
Questa è la nostra esperienza, questo è ciò che abbiamo imparato in questi anni come pellegrini
ed ospitalieri.
Noi, a un certo punto della nostra vita, della nostra crescita, ci siamo scoperti come pellegrini. Un po' più
di 10 anni fa frequentavamo (come poi tutt'ora) gruppi giovanili come capi scout. Un giorno, insieme, come marito
e moglie, decidemmo di partire per fare il Cammino di Santiago. Strada di pellegrinaggio mitica e quindi affascinante,
che intraprendemmo con lo spirito grezzo del pellegrino della prima ora. Era solo l'inizio di un cammino che mai
avevamo pensato e che ci avrebbe portato molto oltre, dove mai avremmo pensato arrivare. Del resto questo è
la funzione di tutti i veri cammini: portarti oltre, in luoghi che tu non conosci, oltre il te stesso che credi
di conoscere.
La dimensione del pellegrino ci avvinse e restammo anche colpiti da alcune persone che lungo il Cammino ci avevano
ospitato. In seguito decidemmo di aderire alla Confraternita di S. Jacopo di Compostella che ha sede a Perugia
e riunisce tanti pellegrini che hanno fatto il Cammino o altri cammini.
Due anni dopo eravamo di nuovo sul Cammino ma questa volta come ospitalieri. La Confraternita infatti ha restaurato
e custodisce un ospitale in Spagna che viene tenuto aperto dalla primavera all'autunno grazie al servizio volontario
di tanti confratelli.
Quell'estate, per 15 giorni, rivoltammo le parti e ci fermammo per preparare la mensa con il pane e con il vino.
Pellegrini ed ospitalieri. Ora il gioco era completo.
Vogliamo farvi vedere in questa breve proiezione il nostro ospitale di Confraternita: l'Hermita di S. Nicolas,
in mezzo all'altopiano castigliano. Vogliamo provare con queste immagini a farvi intuire lo spirito, la dolcezza,
la poesia, il cuore. Poi vi spiegheremo meglio alcuni particolari.
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Proiezione video (brani tratti dal video "Pellegrini per sempre" a cura della Confraternita di San Jacopo
di Perugia e dal film "Within the way without" di Laurence Boulting)
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Avete visto l'hermita, ne avete vista la semplicità. Un fabbricato piccolo, anche se prezioso perché
era un ospitale del 1200, ripulito e recuperato alla sua funzione proprio dalla Confraternita ed inaugurato nel
1994.
Avete visto i pellegrini arrivare, stanchi ma sorridenti. Vita in cammino, gioco di sguardi desiderosi di incontrare
e anche felici di potersi fermare e di essere accolti.
Avete visto quanto basta per accogliere delle persone. Non lusso, non spazi enormi, poche formalità e molta
sostanza: un letto, semplice; un angolo dove poter appoggiare il proprio zaino, una doccia, un lavabo, un filo
per stendere i panni. Nel nostro caso poi (in altri ospitali non sempre c'è) c'è un tavolo che verrà
imbandito a sera, perché chi si ferma da noi è nostro ospite anche a cena e a colazione.
La porta è sempre aperta. Non c'è niente che chiuda l'ospitale, neanche una quota fissata, un obolo
obbligato. L'ospitale è aperto. E in questo perfetto equilibrio di apertura anche il pellegrino è
aperto e a volte dà, a volte no, a volte poco, a volte molto. E così l'ospitale può continuare
ad essere aperto.
Avete visto anche nel filmato una particolare cerimonia. È la lavanda dei piedi. È un gesto di accoglienza
che abbiamo deciso di fare come confraternita per dire ai nostri pellegrini che sono i benvenuti. La sera, prima
della cena, tutti gli ospiti sono invitati a raccogliersi nell'abside dell'ospitale e a sedersi nelle sedie preparate
per loro. I confratelli ospitalieri allora passano lavando a ciascuno i piedi. Non è un gesto facile da
ripetere sia per l'ospitaliere che per il pellegrino. Ma è un gesto importante perché ciascuno di
noi si possa ricordare in quel momento il suo impegno a conformarsi a Cristo. Lavare è servire i fratelli
ed accoglierli come signori nella propria casa, è l'immagine del servizio più umile. Lasciarsi lavare
è accettare un servizio, accettare di essere bisognosi della vicinanza di altri, di dipendere da altri,
accettare la fraternità che si crea con chi in quel momento ti serve. Pellegrino ed ospitaliere si incontrano
nella comunione di un gesto che muove i cuori e sposta, e obbliga a ripartire, come si diceva prima, cambiati,
ogni volta.
Quando decidemmo di confraternita di istituire questo gesto di accoglienza
nel nostro ospitale neanche noi ci eravamo resi conto fino in fondo di cosa stavamo per fare. Ripensandoci adesso
possiamo solo dire che avevamo intuito la necessità di ricordare a noi stessi e agli altri che il nostro
essere ospitalieri aveva radici cristiane e doveva essere parte del nostro cammino verso il Signore.
Ora, con l'esperienza di tanti piedi lavati, possiamo dire che questo gesto ha ricordato a noi, e a tante persone
che si sono fermate da noi, che la nostra vita è un pellegrinaggio difficilissimo alla fonte dell'Amore.
Un pellegrinaggio che richiede umiltà e capacità di mettersi al servizio e ascoltare. Ascoltare il
battito del nostro cuore che cerca disperatamente amore e il battito del cuore del nostro vicino che cerca anche
lui disperatamente amore. Battiti che si confondono ogni giorno con il rumore dei nostri passi che vanno spesso
nella direzione opposta fuggendo dall'incontro con l'altro che troviamo lungo le strade delle nostre città,
sulle scale del condominio. Passi che fuggono alla ricerca di un luogo sicuro dove salvare la nostra identità
che sentiamo minacciata dalla presenza di tanti stranieri. Passi che portano alle porte di un albergo o di un negozio
perché il dare e il ricevere per denaro è meno imbarazzante del dare e ricevere per amore. Passi
che ci allontanano dalla dimensione dell'ospitalità ma che soprattutto ci fanno perdere l'identità
fondante: quella di viandanti su questa terra, solamente di passaggio. Passi che ci fanno dimenticare ogni giorno
che siamo pellegrini e ospitalieri e che la nostra vita è sulla strada. Pellegrini e ospitalieri, cammini
che si incrociano e si fondono e si confondono nell'unica identità di cercatori di amore. Un giorno pellegrino,
un giorno ospitaliere, pellegrini e ospitalieri per sempre.
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