Venerdì 16 giugno
San Miniato Alto - Pieve di Coiano
- Gambassi |
km 24
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Tra le pieghe delle colline
Giuseppe S. - Tra le colline
Colazione alle sette e mezza nel refettorio
del convento. Anche oggi saranno ventiquattro chilometri. Si è deciso saggiamente di partire presto (..)
Appena fuori dalla porta del
paese ci accoglie il silenzio. Incredibile, per me milanese, la linea nitida di demarcazione che c’è qui
tra il paese e la campagna. Il borgo finisce di colpo. Niente periferie e case sparse, attorno c’è subito
la natura. Per un po’ si scende, la vista si apre sui colli attorno. Mi danno l’impressione di un mare di terra
appena mosso dal vento leggero. Le increspature di questo mare sono state fissate una volta per sempre in queste
belle colline che si succedono senza un disegno apparente. Però si vede che a farle belle è stato
il lavoro degli uomini, che si ripete da secoli coi gesti di sempre. Le diverse tonalità di biondo dei campi
dei cereali ormai maturi, mescolate col verde dei filari geometrici della vite, l’argento degli ulivi, i fazzoletti
irregolari di macchia mediterranea, i primi filari di cipressi che accompagnano il distendersi delle stradine e
tradiscono la presenza dei casolari isolati. Un mare di onde di terra dai colori tenui e morbidi, sul quale i nuclei
abitati sembrano piccole zattere sperdute in questa dimensione dilatata dello spazio che per me è nuova.
Il cielo è velato e sembra fare meno caldo di ieri. Non si sente nemmeno un filo di vento. Infiliamo presto
una strada bianca. E ricominciamo a salire. Troviamo dei nuovi cartelli a indicare il percorso. Sono quelli del
Cammino dell’Alleanza, sistemati in occasione del Giubileo lungo tutta la val d’Elsa. (..)
Risaliamo sulla strada asfaltata
che siamo ormai alla pieve di Coiano. C’è una bella chiesa romanica, alta sopra una lunga scalinata di mattone
rosso. E’ malmessa e in evidente stato di abbandono. Salgo con Maria la scalinata per appendere alla porta di legno
una delle preghiere che abbiamo deciso di lasciare nelle chiese più significative come segno del nostro
passaggio. Chissà quanti passi pieni di fede e di speranza hanno faticato prima di noi su questi gradini.
Adesso tutto è abbandono e oblio. Vicino alla chiesa ci sono solo un paio di edifici. Da uno di questi una
signora gentile ci offre di usare della pompa dell’acqua per rinfrescarci e fare scorta. Ripartiamo subito lungo
un tratturo un po’ inerbato tutto a saliscendi. Il percorso prova a stare sulla linea di crinale, si alza
fino alla sommità di una collina per buttarsi subito giù nell’avallamento successivo e poi riprende
con quella dopo. E’ così per parecchio tempo. La vista spazia amplissima da tutte le parti, dietro di noi
sembra che non si riesca a venir via da San Miniato. La rocca dalle dita mozze è ancora là, anche
se sempre più piccola. Davanti lontano si vede una linea orizzontale di colline che ci chiude l’orizzonte.
Si vedono già alcuni paesi, chi sa dice che Gambassi è uno di quelli. In mezzo nessun segno di vita
da nessuna parte. Mi sento un puntino perso dentro questi spazi così vasti. Il percorso di crinale
è arioso, gratifica tutti i sensi, se non fosse per il caldo. C’è un silenzio primordiale. Ho l’impressione
di stare violando un ambiente uguale a se stesso da sempre. Mi sento sparire e non ho nessuna voglia di rompere
questo silenzio. (…)
Ad una nuova casa isolata una
signora offre acqua a tutti. Monica l’ha conosciuta quando era in giro per preparare la guida e già sul
libro ne ha raccontato la gentilezza. Il percorso continua lungo il crinale, sempre aperto su questo orizzonte
sconfinato di colline che si rincorrono una dopo l’altra. Qualche casale isolato. Un provvidenziale rubinetto dell’acqua
che assaltiamo come cavallette. Ancora si scende ad attraversare l’ennesima strada asfaltata. Un attimo solo. Oltre
un ponticello c’è un fattoria. Qualcuno dice che l’acqua qui non è buona e allora proseguiamo su
per una vigna, seguendo le indicazioni. Sentiamo gridare alle nostre spalle. Sono gli altri che si sono fermati
alla casa. Noi proseguiamo. In cima alla salita ancora una strada bianca. Sarà per il caldo e l’afa, sembra
che non arrivi da nessuna parte. Intorno è una distesa di vigneti. Ci sono tanti cartelli a ricordarci chi
ne è il proprietario. Chilometri di viti dell’azienda Conti di Pillo. Come il Marchese di Carabas.
Polvere dappertutto, che si appiccica
al sudore. Finalmente un piccolo cimitero, un’edicola sacra e una strada asfaltata dove finisce la polvere. Ci
fermiamo all’ombra gradita di alcune piante ad aspettare gli altri. Tardano ed arrivano alla spicciolata, con i
volti paonazzi di sole. Ci dicono che alla casa hanno offerto acqua buona, vino, ciliege e perfino il caffè.
Ci vuole mezzora buona a rimetterci tutti assieme. Maria è tra gli ultimi e mi sgrida perchè sono
sempre davanti e non mi sono fermato. Ha ragione, ma il mio passo è questo e mi trovo davanti senza rendermene
conto. Però a volte come adesso, la cosa produce degli inconvenienti.
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