Domenica 18 giugno
S. Gimignano - Bibbiano - Colle Val
d’Elsa - Monteriggioni |
km 23 (+2)
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Giuseppe S. - Le tante vie dei pellegrini
Per fare presto questa mattina la colazione è
al bar dove ieri abbiamo visto al partita. Alle sette e mezza siamo tutti sui gradini del duomo che è ancora
chiuso. Foto di gruppo attenti a scansare le macchine della nettezza urbana che stanno facendo slalom nel piazzale.
Non c’è in giro nessuno. Deserta così San Giminiano sembra il set di un film d’altri tempi. Cade
qualche goccia di pioggia. Sono nuvole che il vento spinge via veloce. Appena fuori dalle mura ci troviamo subito
immersi nella campagna. Anche oggi Luciano con altri ha il compito di segnare il percorso. Ad una edicoletta sacra
a Santa Lucia dallo zaino salta fuori una piastrellina in gesso con su un pellegrino. Un po’ di pasta adesiva e
la piastrella è fissata sul muro a indicare il percorso.
Lasciamo presto l’asfalto per una strada bianca
tra i campi. Il sole non è ancora forte e si procede svelti. Il profilo delle torri ci insegue a lungo.
C’è sempre quella brutta gru che rovina la bellezza del profilo. Il panorama ormai lo conosco. Un mare appena
increspato di mille onde solidificate trasformate in queste colline dal profilo così morbido. Casali sparsi
e ben nascosti., filari di cipressi, vigneti. Si cominciano a notare i primi campi di girasole, ancora verdi. Mi
immagino come sarà tra qualche giorno, quando saranno esplosi i colori caldi dei fiori, tutti a guardare
dalla stessa parte, affamati di luce e di sole. E poi ancora gli ulivi, le piccole macchie di bosco dove forse
la terra è più umida, il giallo intenso delle ginestre fiorite. Chiude la scena il rilievo di una
catena appena più emergente.
Dire il rosario su questa strada è bello.
Si sale e si scende in continuazione. Qualche discesa è anche ripida e richiede attenzione. Camminiamo sgranati
e si parla con quelli vicini. E’ curioso ascoltare i discorsi che facciamo. Al mattino appena partiti siamo loquaci.
Si parla delle impressioni sul giorno prima, della sera passata, dei soliti russatori, dei dolori e delle vesciche,
di qualche fatterello imprevisto. Poi cessano le chiacchere e cominciano i discorsi. Sono più diradati.
Parliamo spesso del cammino di Santiago, di quelli fatti e di quelli che si vorrebbe fare. Adesso siamo alle varianti:
camino de la plata, quello primitivo, quello del norte, da Lourdes, da Fatima, da casa. C’è chi li sta facendo
tutti, uno alla volta. Mi ricordano gli alpinisti che vogliono fare tutti gli ottomila. Anche loro hanno il loro
timbro da farsi mettere. Chi c’è stato racconta e chi vorrebbe andarci chiede umilmente consiglio. Anche
tra i pellegrini c’è un palmares, qualche volta viene a galla perfino un filino di vanità.
In questi giorni si parla tanto del pellegrinaggio
di settembre in Terrasanta. Monica è assediata dalla richiesta di sapere. Tutti vorremmo andarci. Tutti
quelli che possono trovare il tempo per farlo. Sono quindici giorni e Maria, ci avrei scommesso, ne è attratta
fortemente. Io so solo che devo andare al lavoro. Ci andranno i confratelli più liberi, che sono anche quelli
più tosti. (…)
La festa la incontriamo a Colle
Val d’Elsa. Arriviamo nella piazza centrale, la sosta dovrebbe essere breve, così ci dissuadono dall’andare
a visitare il duomo. E’ un paese strano, la parte storica e di pregio è su una altura, ci si può
salire in ascensore. In basso, dove siamo noi, gli edifici sono anonimi senza tanta storia. Molti di noi si sono
sistemati ai tavolini di una gelateria. La sosta per forza si prolunga, c’è tempo per un gelato rinfrescante.
Attorno tanta gente rilassata che sta tirando mezzogiorno. In mezzo alla piazza alla fermata dell’autobus, osservo
tre donne. Hanno borsoni enormi più grandi di loro. Sembrano donne dell’Est europeo, probabilmente badanti,
che aspettano l’autobus forse per tornare a casa, o per andare in città a Firenze. Penso che anche loro,
alla loro maniera sono pellegrine. Sicuramente controvoglia, certo per necessità. Hanno dovuto allontanarsi
dai loro bambini e dai loro mariti per venire qui a volere bene ai nostri vecchi. (…)
Arriviamo sotto Monteriggioni
dai campi con una galoppata di un’oretta forse un po’troppo veloce sotto il sole sempre più caldo. A Monteriggioni
però saliremo domani, adesso dobbiamo arrivare a Rencine in una casa della parrocchia di Castellina Scalo.
(..)
Il posto è proprio bello,
totalmente isolato su un lungo crinale sopra due ampie valli. La vista spazia da tutte le parti. Le mura e le tante
torri intatte di Monteriggioni sono a un tiro di sasso. Il resto è campagna, boschi e colli fino all’orizzonte.
A fianco della casa c’è una chiesina che definirei di rustico romanico. L’insieme è omogeneo
e trasmette l’idea di tranquilla serenità. Marcello, un po’ commosso, ricorda di essere già stato
qui con la moglie. Ricorda sicuramente tempi belli. Prendiamo possesso velocemente dei locali. I letti ci sono,
anche se a castello e scricchiolanti. Per le docce è più complicato: l’acqua scarseggia e quella
calda è un lusso. Un lusso anche una lavatrice perfettamente funzionante alla quale Federico e Innocente
affidano i loro panni. La cena è all’aperto sul prato davanti alla casa. Risotto e formaggio, più
le solite verdure, insalata e pomodori. Un gelso del cortile ci cede una marmitta di more bianche mature. Monica
coglie l’occasione e dopo la cena ci spiega i dettagli dell’ormai mitico pellegrinaggio in Terrasanta.
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