Giuseppe S - Riflessioni
La partenza è fissata per le sette e mezza.
Oggi la tappa non è impegnativa. Succede invece che alle cinque siamo tutti in piedi. Capita che suona una
sveglietta e che uno si alzi, e tutti gli altri fanno lo stesso. Coda ai bagni, materassini che si riavvolgono.
Solo Monica insiste testarda a continuare a dormire. Secondo me fa solo finta, per una questione di principio,
poi anche lei si rassegna. Ormai le vetrate della palestra riversano dentro tutta la luce del giorno. Colazione
veloce sul nostro fornelletto e alle sette si parte. E’ una bella giornata, fresca e luminosa. La valle la vediamo
dall’alto, un mare di colline che si rincorrono senza un disegno evidente più in basso di dove siamo. Scendiamo
per la cosiddetta Cassia medievale. E’ una strada sterrata, luminosa e solare che si abbassa da Radicofani verso
il fondo valle tra vaste praterie di erbe,campi coltivati a cereali, filari di cipressi, fazzoletti di ulivi, macchie
di arbusti e di lecci.
Alle spalle la rocca si allontana lentamente, sulla
cima del colle che anche da questa parte è rigato dai calanchi e presenta un aspetto selvaggio ed incolto.
Un frammento di natura originale, prima che il
lavoro umano la addomesticasse. Uno scenario che suggerisce modestia e rispetto delle proporzioni. “.. Che
cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto
poco meno degli angeli...”
Sto imparando che le Cassie sono
tante. Questa è la terza che conosco. Temo che la quarta (cioè la prima, quella romana) sia sparita
per sempre senza lasciare tracce. Questa Cassia medievale è la più vecchia, contemporanea al percorso
prima di Galleno. Poi c’è la Cassia vecchia, asfaltata, quella che abbiamo fatto ieri per salire a Radicofani.
E poi c’è la nuova, quella trafficata, che pure abbiamo percorso ieri fino a Gallina e anche dopo. Questa
Cassia medievale scende con vista piacevole su un orizzonte ancora incontaminato. Pochissimi casali isolati, il
resto è spazio senza confine. Si cammina tra terra e cielo.
(..) E’ adesso che mi chiama
Antonella da Monza. Mi racconta di CD. Le cose le vanno sempre peggio, ha perso il lavoro, ha un po’ di debiti
in giro. Dice che CD l’ha chiamata per dirle che vuol farla finita. Non ne può più e non sa come
venirne fuori. Adesso è in giro in macchina e ha staccato il telefono. Antonella è preoccupata e
mi trasmette la stessa tensione. (..) Questa telefonata è peggio di un’entrata da dietro. Fino a un momento
prima stavo proprio bene. Poi mi do del deficiente perché la vita è quella, non questa e forse questo
pellegrinaggio stava diventando una evasione dalla realtà. Oggi mi sono salvato in corner rinviando tutto
a quando torno. Provo a non scappare dalle mie responsabilità senza compromettere il pellegrinaggio. Fintanto
che sono qui valgono le regole di qui, di questa piccola comunità. Tra di noi è troppo facile vivere
bene, qui viviamo col trucco. (..) Poi arriva la telefonata di Antonella e tutto torna al suo posto. Ritornano
le miserie che mi sono accorto di aver cercato inconsciamente di dimenticare in questa specie di nuova compagnia
del decamerone. Ritorna il fatto che di fronte al male del mondo ci sono responsabilità che sono tue e solo
tue. Non c’è nessun posto al mondo dove puoi andare a nasconderti. E per nessun motivo puoi girare la faccia
dall’altra parte: “..un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gerico..”.
Risento la preghiera di don Tonino
Bello. Pellegrino per esercitare lo spirito a imparare a condividere le fatiche dell’altro, a spartire i fardelli.
Oggi è il mio zaino, appunto, domani il fardello dell’altro, o magari già oggi, assieme al mio, senza
troppe domande. Al ritorno avrò questo impegno da rispettare. E’ un motivo in più per questi giorni
che mancano a Roma, un passo in più. Tutto questo me lo tengo per me. Maria conosce Antonella, ma non sa
niente di CD. Le dico qualcosa ma il peso devo portarlo io.
Nel pomeriggio scendiamo in paese
a fare la spesa, alla solita coop. E’ un negozio non tanto grande, praticamente l’abbiamo svuotato. E’ divertente
quello che succede a fare la spesa. Riempiamo sempre almeno tre carrelli. Uno è per la frutta e la verdura,
tante cassette di frutta una sopra l’altra. Un altro è per le bevande, tre, quattro confezioni di acqua,
almeno tre boccioni di vino e, per un viziato che non cito, una bottiglia di cocacola. Il terzo è per le
varie, carne, affettati, yogurt, formaggi etc. Sul furgone c’è anche quel che resta della grande spesa che
Franco ha fatto prima di partire: sacchi di pasta da cinque chili, zucchero, marmellate, latte di tonno da due
chili, taniche di olio da cinque litri e le altre cose per cucinare oltre a centinaia di tovagliette, tovaglioli,
piatti e posate di plastica. Quando usciamo dalla coop è una piccola processione, sotto gli occhi sospettosi
e sorpresi della gente del posto. Tutte le volte ci tocca spiegare e incontriamo sempre sconti particolari e simpatia.
La cena la cuciniamo al convento. Mangiamo nel
salone ripulito come nuovo e poi nel prato finiamo le angurie di Luciano. Silvia oggi compie trentun anni, l’età
di nostro figlio Francesco. Maria mi ricorda che oggi è anche il compleanno di Elia, il nostro nipotino
maggiore.
Come dolce in cucina hanno preparato delle fette
di pane e nutella. Alla coop abbiamo comprato anche lo spumante. Le bottiglie saltano fuori al momento giusto e
aiutano a rallegrare gli spiriti. Mario improvvisa il suo spettacolo di affabulazione e di manipolazione del suo
foglietto di carta. Lui racconta, racconta, come un torrente in piena, e intanto le sue mani corrono veloci sul
foglietto di carta, a dare forma a oggetti, animali vari, sorprendendoci sempre. Ci coinvolge anche noi nei giochi,
noi pellegrini rocciosi e disincantati, e ci riscopriamo bambini giocosi e gioiosi. Per noi che già l’avevamo
visto l’anno scorso è un piacevole ritorno, per i nuovi una gradita sorpresa. Finisce a canzoni, una specie
di competizione tra i gruppi regionali. Scopriamo così la voce potente di Alberto. Ferroviere veneziano
in pensione, da giovane ha fatto il gondoliere e cantava le serenate. E’ anche uno che ha sempre fatto movimento,
un runner. Si vanta di aver concluso sette volte la Cento chilometri del Passatore, ogni tanto ci ricorda i suoi
record. La moglie Elvia è il suo contrappeso. Lo prende in giro e lo sgonfia con simpatia. Alberto è
uno “sborrone" simpatico, son contento di averlo conosciuto quest’anno. E’ anche molto bravo e disponibile
ad aiutare Maria in cucina, lei dice che è diventato il suo braccio destro.
|