Giuseppe S. - Terra di Siena
(…) Assieme a noi oggi c’è
Giovanni, un confratello di Siena esperto di queste parti. Passiamo zone deserte, senza nessuno in giro, su e giù
di continuo. Nei boschi i segni del passaggio di cinghiali. E poi le solite ginestre fiorite e certi alberi di
melograno talmente fioriti da valere una foto. Passiamo a fianco di una pista di cavalli in terra scura e di qualche
casa isolata e arriviamo alla zona dei castelli. Appaiono all’improvviso appena usciti dal bosco. Il castello della
Chiocciola è di forma curiosa, in fondo a un viale di cipressi. Poi altre torri sparse, seminate nella piana
tra casali e prati coltivati. Dobbiamo girare attorno ad una grande spianata di erbe alte. Bruno prova a tagliare
dentro diritto e sulla sua scia si avventura qualche altro coraggioso. Siamo arrivati al Pian del Lago e Giovanni
ci dice che qui vengono quelli di Siena a correre e a fare il picnic. Arriviamo finalmente sulla strada asfaltata
e Marcello piazza per terra il cappello e pretende il pedaggio di noi che passiamo. Schiva a stento una pedata
scherzosa. Ormai siamo alla periferia di Siena. E’ mezzogiorno fa caldo e l’afa è appesantita dal fastidio
del traffico e dell’asfalto che scotta. Non un filo di vento. Ritroviamo i camion, i distributori, i McDonald’s.
Troviamo un parcheggio con uno straccio di prato e due piante striminzite. Ma anche all’ombra non si sta meglio.
Si fa il pieno di gelati e di frutta dai negozietti vicini. Fermiamo al volo un tipo sui sessanta che sta passando
a piedi spedito. E’ un pellegrino come noi; è partito da Fidenza e sta andando da solo a Roma. E’ sempre
bello incontrare un pellegrino. Scatta subito una solidarietà instintiva e si vorrebbero scambiare molte
impressioni. Lui però ha premura e riparte di corsa.
Entriamo finalmente a Siena dalla
porta Camollia. E’ quella dalla parte di Firenze e ricorda una vittoria dei senesi sui fiorentini. Battutacce scontate
dei nostri amici di Firenze tipo: “per una volta che han vinto loro!..” Fanno un bel gruppetto simpatico. L’unico
poverino di Siena è Giovanni. Ci fermiamo appena dentro le mura alla chiesa di San Pietro alla Magione,
fondata dai Templari. La magione era l’antico ospitale per i pellegrini. Ci facciamo strada rischiando di perderci
nei vicoli stretti in mezzo ai turisti. Si riconoscono subito per l’abbigliamento informale e pieno di colori impossibili.
Ci sono anche delle persone vestite di tutto punto in abito scuro con giacca e cravatta. Hanno tutti la stessa
faccia da bancario: si vede che soffrono. I turisti sono esuberanti con quella loro aria di festa continua. Noi
rappresentiamo uno spirito nomade che non si vuole fare rinchiudere. E loro, che al massimo veleggiano tra ufficio
e trattoria ogni giorno, tutti i giorni, tutti gli anni, una vita, in una città che ha ben altre tentazioni?
Ci vuole molto autocontrollo o, in alternativa, un buon stipendio.
Attraversiamo Piazza del Campo
invasa dalla gente. Ci fanno domande e rispondiamo con piacere. Le prime foto in attesa di tornarci dopo con più
calma. Arriviamo dalle suore di San Vincenzo, dall’altra parte della città. E’ un edificio grande e silenzioso.
Ci si potrebbe perdere dentro. Le suore sono cortesi e l’ospitalità è semplice ma funzionale. Ci
fanno trovare anche le bottiglie di acqua fresca. (..)
Al convento, in un quadro appeso
su una parete, trovo parole che già conosco ma che rileggo con attenzione: “sappiamo con precisione quanto
peso può tirare un bue col suo carro; o quanto è il carico che può sopportare un cammello;
quale è il punto di rottura di un motore. Ma non ci siamo mai domandati quanto ancora possono sopportare
le spalle di un uomo.”
Non sono le parole esatte, ma
è comunque quello che voleva dire don Primo Mazzolari.
Roberto Z. - Raggiungendo gli altri
Ecco che finalmente parto, la
“via francigena” mi attende, e per me inizia da Siena. Raggiungo i miei confratelli alle 21,15, a Siena , presso
una pizzeria nel centro della città. Loro sono al dolce, io sull’ultimo autobus, preso per grazia di S.Pietro
(stavo dicendo S.Giacomo – che comunque, anche se sono sulla V.F., cioè fuori dalla sua giurisdizione,
certamente mi avrà affrancato presso il suo confratello Pietro) mi sono fatto fuori un buon panino
al prosciutto e verdure (preparatomi con cura da Anna, mia moglie).
Baci e abbracci e poi dall’incantevole
centro storico di Siena, subito a dormire presso le care suore di S.Vincenzo, dove i confratelli (da notare
Franco – il capo), molto amorevolmente mi hanno approntato un letto.
Poi i giorni si sono susseguiti,
nell’incantevole cammino della Via Francigena, sino a raggiungere nella notte tra il 28 ed il 29 c.m., Roma, la
città Santa, la sede dell’apostolo Pietro, dove a riceverci, alle 9,00 del mattino è venuto
Papa Benedetto.
Le giornate trascorse, durante
il cammino, sono state tutte meravigliose, con i loro piccoli-grandi problemi del quotidiano, ma con la grande
gioia del stare insieme, e con la certezza di aver percorso una buona strada.
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