Martedì 1 settembre -
Sesta tappa
BRINDISI - TORCHIAROLO
Giornata di saluti oggi, già di primo mattino. Parte padre Emanuele, che torna a
Siena. Preghiamo con lui per l'ultima volta nella piazza della cattedrale e poi ci salutiamo. Anche Lina se ne
va.
L'uscita da Brindisi è lunga e noiosa; qualche
via centrale è già addobbata per la festa di domenica.
Dopo un tratto di traffico caotico e poi, oltre
il cimitero, una lunga processione di capannoni, che non sembrano godere di particolare salute. Stradoni larghi
e desolati che finiscono in discariche a cielo aperto. È in casi come questo che si apprezza il preparatorio
lavoro certosino di Monica. In ogni situazione riesce ad orientarsi senza fatica con le sue cartine. Finalmente
usciamo dalla zona urbanizzata e Brindisi sparisce presto dietro le nostre spalle. Ci stiamo allontanando dal mare.
Lo ritroveremo solo ad Otranto. All'orizzonte, lungo la costa, si staglia il profilo di una grande raffineria.
Davanti a noi, ancora lontana, comincia ad apparire la ciminiera della grande centrale dell'Enel, irraggiungibile.
La strada bianca che si perde all'orizzonte costeggia
la strada interrata che va alla centrale, affiancando i condotti che convogliano l'olio pesante e il carbone che
la alimentano. Un po' alla volta la centrale si avvicina; un grande parallelepipedo azzurro e l'enorme camino.
Tutto intorno è una distesa di terreni incolti. Prima di arrivare alla centrale deviamo fuori dalla stradina
verso alcune masserie, lungo una nuova strada asfaltata.
In una di queste masserie facciamo un incontro
imprevisto con una bella famiglia. Qualcuno di noi si ferma per chiedere una canna dell'acqua per bagnarsi i piedi
e finisce che ci fanno entrare tutti e 40 oltre il cancello e ci offrono acqua fresca e succhi di frutta, per tutti.
Scopriamo solo dopo che così hanno dato fondo alla loro scorta di acqua potabile. Non hanno allacciamenti
con l'acquedotto e adesso dovranno fare 6 Km per andare a prenderne altra al paese più vicino. Loro sono
soddisfatti e noi assieme a loro. Lasciamo la bella casa con una grande statua del Sacro Cuore nel cortile e ci
troviamo reimmersi in un bel tratto di zona agricola: uliveti infiniti, vigneti vastissimi sia a cespuglio che
a filare fichi maturi e fichi d'india in quantità.
Si cammina, si prega e intanto si mangia. Abbiamo
superato di lato il grande edificio della centrale e adesso facciamo fatica a liberarci della sua vista incombente.
Il vecchio e il nuovo, la tradizione e la novità, la natura e la tecnologia, un equilibrio che fatica a
definirsi. Camminiamo sotto il sole e fa caldo. Si sfruttano le poche ombre degli ulivi. Sentiamo in tanti la fatica
di ieri.
Oggi sappiamo che la strada è corta e così
non ci affanniamo troppo.
È mezzogiorno quando sbuchiamo davanti alla Zona archeologica di Valesium. Stanno facendo degli scavi e
una giovane archeologa volentieri ci racconta di quel sito e di cosa hanno trovato. A farci chiudere in fretta
questa lezione di storia è la presenza, appena al di là degli scavi, del nostro furgone che ci porta
i panini per il pranzo. Sosta ristoratrice all'ombra degli ulivi e conferma che Torchiarolo, la meta di oggi, è
vicina.
Riprendiamo il cammino con fatica, come dopo ogni
sosta, col sole che picchia forte, dentro un vasto uliveto dove la ciclabile asfaltata si diverte a disegnare curve
ad angolo retto. Arriviamo così presto al paese. Vie assolate di case basse e silenziose. Quasi nessuno
in giro. Sono quasi le due e il paese sembra fermo nel tempo, schiacciato dal caldo e dal sole. Ci vuole ancora
un po' per arrivare alla scuola dove saremo alloggiati. 40 persone che sembrano la Quinta Armata nei film di guerra
quando li si vede entrare nei paesi liberati.
Alla scuola ci viene assegnata la palestra che
deve essere lavata subito a fondo perché piena di polvere di CO2 per una bravata di scolari che hanno svuotato
gli estintori. Finalmente ci si sistema tutti. Dopo la doccia il clima si rilassa. C'è molto tempo davanti
ed ogni pellegrino lo riempie come vuole. C'è chi si riposa, chi scrive il diario e chi va in paese per
una birra fresca. In breve il cortile si riempie di panni colorati stesi ad asciugare su stendini improvvisati.
Certo non è più come un tempo e anche
tra i pellegrini è difficile rinunciare a certe comodità. Così capita che qualche pellegrina
ne approfitta per un salto dalla parrucchiera (!) o per lunghe chiacchierate al cellulare che tanto sono gratis.
Così si resta aggiornati anche sulla salute del gatto.
Alle quattro riceviamo la visita di due frati della
comunità di Lecce che domani, al termine della tappa, ci accoglieranno nei loro locali. Incontro breve ma
piacevole. Ci dicono che a Lecce ci aspettano per accoglierci in modo festoso e anche la cena ce la prepareranno
loro. Sarà bello di sicuro e di certo domani cammineremo con leggerezza.
Nel girovagare pomeridiano capito con Maria nella
scuola attigua alla palestra. Dà un senso di serenità e di calma. Ci ha colpito una frase scritta
in grande nell'atrio d'ingresso:
"LA STRADA
La strada vi venga sempre dinanzi.
E il vento vi soffi alle spalle.
E la rugiada bagni sempre l'erba su cui posate i passi.
E il sorriso brilli sempre sul vostro volto.
E il pianto che spunta sui vostri occhi sia solo pianto di felicità."
Una preghiera per noi pellegrini, che era lì
ad aspettarci chissà da quanto tempo. Qualcuno sapeva che saremmo arrivati un giorno. Non è il paese
spento e morto. È il paese che ci rivela questa preghiera nascosta.
Di don Tonino Bello, naturalmente.
Giuseppe e Maria
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